Giuseppe Caimi, detto Polidoro (Milano, 19 dicembre 1890 – Ravenna, 26 dicembre 1917), è stato un militare e calciatore italiano, di ruolo centrocampista. Durante la prima guerra mondiale si arruolò volontario nel Corpo degli alpini, distinguendosi particolarmente nei combattimenti, tanto da venire decorato con una Medaglia d'oro e tre d'argento al valor militare.
Giuseppe Polidoro Caimi | ||
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Nazionalità | ![]() | |
Calcio ![]() | ||
Ruolo | Centrocampista | |
Termine carriera | 1913 | |
Carriera | ||
Squadre di club1 | ||
1908-1911 | ![]() | ? (?) |
1911-1913 | ![]() | 23 (2) |
1 I due numeri indicano le presenze e le reti segnate, per le sole partite di campionato. Il simbolo → indica un trasferimento in prestito. | ||
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Giuseppe Polidoro Caimi | |
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Nascita | Milano, 19 dicembre 1890[1] |
Morte | Ravenna, 26 dicembre 1917 |
Cause della morte | ferite in combattimento |
Dati militari | |
Paese servito | ![]() |
Forza armata | Regio Esercito Italiano |
Arma | Fanteria |
Specialità | Alpini |
Unità | 7º Reggimento alpini |
Grado | tenente |
Guerre | Prima guerra mondiale |
Decorazioni | vedi qui |
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Manuale |
«Cantava, suonava, dipingeva, beveva, amava... ed andava a ricuperare l'attendente ferito, sotto il naso degli austriaci.» |
(Vittorio Pozzo in "I ricordi di Pozzo", Il Calcio Illustrato, Milano 1949-50) |
Figlio di Carlo ed Irene Jordan[2], compì i primi studi nel Collegio Calchi-Taeggi, passando poi all'istituto Longone e quindi iniziando a frequentare il Politecnico di Milano.[3] Atleta schermidore dal fisico prestante, militò nell'Inter dal 1911 al 1913, giocando 23 gare in due campionati di massima divisione, in cui la squadra si piazzò rispettivamente al quarto[4] e al terzo posto[5] nel proprio girone.
Nel 1912 fu convocato inizialmente da Vittorio Pozzo nella squadra nazionale per le Olimpiadi di Stoccolma, ma all'ultimo momento fu depennato dallo stesso dalla lista dei partecipanti alla manifestazione sportiva,[6] in quanto, secondo alcuni, Caimi era stato sorpreso in un night di Milano mentre gridava testualmente: "Svedesone bionde, aspettatemi, arriva Caimi!". Venutolo a sapere, Pozzo decise di escluderlo dalle convocazioni[7].
Allo scoppio della prima guerra mondiale[8] si arruolò volontario venendo inserito nelle file del 5º Reggimento alpini come sottotenente di complemento[2] distinguendosi in ardite ricognizioni notturne sul Panarotta.[8] Passato successivamente nel Battaglione "Feltre" del 7º Reggimento alpini con il grado di tenente comandante il Plotone esploratori; si distinse sul Monte Cauriol insieme a Gabriele Nasci e Angelo Manaresi. Ferito una prima volta il 14 marzo 1916 nella battaglia di Santa Maria di Novaledo[2], fu decorato con la Medaglia d'argento al valor militare.[8]
A Sant'Andrea di Valsugana si guadagnò una seconda Medaglia d'argento al valor militare che rifiutò in cambio di una promozione a tenente in servizio permanente affettivo per merito di guerra.[9] Dopo la sconfitta di Caporetto seguì la ritirata del suo battaglione fino a Montebelluna, venendo decorato con una seconda Medaglia d'argento al valor militare sul Monte Taz il 21 novembre 1917.[8]
Nei giorni immediatamente successivi alla conclusione della Prima battaglia del Piave, si trovò coinvolto nei combattimenti che portarono alla stabilizzazione del fronte del Grappa-Piave fino alla successiva Battaglia del solstizio.
Ferito gravemente il 14 dicembre 1917 sul Monte Valderoa,[8] un'altura del Massiccio del Grappa, morì il 26 dicembre dello stesso anno all'ospedale della Croce Rossa di Ravenna[10] per le ferite riportate[11] e meritando la Medaglia d'oro al valor militare per il coraggio dimostrato, successivamente assegnatagli con Regio Decreto 23 ottobre 1921.[12][13]
Il comune di Milano gli dedicò[10] dapprima una via antistante il vecchio Ospedale Maggiore[14] e poi una nella zona dell'Università Bocconi.[10]
![]() | Medaglia d'oro al valor militare |
«Ufficiale di leggendario valore, dopo tre giorni di violentissimo bombardamento e di disperati attacchi nemici, teneva con pochi superstiti, affascinati dal suo mirabile ardimento, una posizione montana di capitale importanza, riuscendo a scompigliare con accanita lotta corpo a corpo le soverchianti forze che l’accerchiavano. Nell’aspra lotta, colpito a morte, cadeva fra i suoi soldati col grido di “Savoia” sulle labbra, segnando ed affermando, anche nella morte, il limite oltre il quale il nemico non doveva avanzare. Cima Valderoa, 14 dicembre 1917.[15]» |
![]() | Medaglia d'argento al valor militare |
«Incaricato con mezzo plotone, di attirare in una certa direzione l'avversario e attaccato da questo in forze più che doppie, riusciva a disimpegnarsi. Durante il combattimento, si slanciava a raccagliere un ferito abbandonato su una posizione battuta e, benché ferito egli stesso riusciva a trasportarlo in luogo sicuro, continuando poi a combattere fino al termine dell'azione. Santa Maria di Novaledo, 14 marzo 1916.» |
![]() | Medaglia d'argento al valor militare |
«Ufficiale di coraggio leggendario nel proprio battaglione, sempre primo ad offrirsi per le imprese più temerarie, riconfermava la fama conquistata, gettandosi di sua iniziativa, con un manipolo di audaci su una mitragliatrice nemica che, da vicina posizione, si accaniva contro le nostre truppe, ne uccideva i difensori e catturava arma e munizioni, riportandole nelle nostre linee. Monte del Taz (Treviso), 21 novembre 1917.» |
![]() | Medaglia d'argento al valor militare |
«Per scompigliare il nemico soverchiante di numero, più volte, con pochi uomini affascinati dal suo mirabile ardimento, o assalì, e con accanita lotta corpo a corpo, sempre lo respinse. In uno di tali scontri sanguinosi, primo tra i primi, gloriosamente cadde colpito a morte col grido di “Savoia” sulle labbra. Cima Valderoa, 14 dicembre 1917.» — Decreto Luogotenenziale 13 ottobre 1918 |
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