Obdulio Jacinto Muiños Varela (Montevideo, 20 settembre 1917 – Montevideo, 2 agosto 1996) è stato un calciatore uruguaiano.
«Los de afuera son de palo. (Quelli là fuori non esistono)[1]» |
(Obdulio Varela prima di Uruguay-Brasile 2-1) |
Obdulio Varela | ||
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Nazionalità | ![]() | |
Altezza | 178[2] cm | |
Peso | 80[2] kg | |
Calcio ![]() | ||
Ruolo | Centrocampista | |
Termine carriera | 19 giugno 1955 | |
Carriera | ||
Giovanili | ||
1932-1936 | ![]() | |
Squadre di club1 | ||
1936-1938 | ![]() | 56 (5) |
1938-1943 | ![]() | 139 (13) |
1943-1955 | ![]() | 302 (33) |
Nazionale | ||
1939-1954 | ![]() | 45 (9) |
Palmarès | ||
![]() | ||
Oro | Brasile 1950 | |
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Oro | Uruguay 1942 | |
1 I due numeri indicano le presenze e le reti segnate, per le sole partite di campionato. Il simbolo → indica un trasferimento in prestito. | ||
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Soprannominato "Negro Jefe", fu il capitano della nazionale di calcio uruguaiana campione del mondo nel 1950, oltre che del Peñarol; ricopriva il ruolo centromediano.
Nato a Montevideo, a otto anni vendeva giornali per le strade.[3] A 15 anni lasciò la scuola per il gioco del calcio, entrando a far parte della rosa del Club Deportivo Juventud.[3] Nonostante lo sport gli avesse dato notorietà, Varela non ebbe vantaggi sul piano economico e visse in povertà.[3] Con il denaro guadagnato dalla vittoria nel campionato del mondo 1950 si comprò un'automobile del 1931, che gli fu rubata una settimana dopo.[3] Conclusa la carriera agonistica, Varela si dedicò alla famiglia, concedendo raramente interviste, nonostante fosse molto ricercato.[4] Nel 1994 la FIFA gli conferì l'Ordine al Merito;[3] nel 1996 morì, pochi mesi dopo la moglie.[4] Il presidente dell'Uruguay Julio Sanguinetti organizzò dei funerali di stato,[3][4] ed oggi Varela riposa nel Cimitero del Buceo, al Panteón Olímpico, a Montevideo.
Centrocampista centrale (centromediano) ruvido e pugnace, la sua tendenza a guidare la squadra dal campo, seguendo il suo ruolo di capitano, era una delle sue peculiarità più evidenti.[3][5]
Varela iniziò la carriera nello Juventud: di questa squadra fu anche capitano, e debuttò il 30 agosto 1936 contro l'Intrépido Belgrano.[6] Il Juventud partecipava a tornei organizzati dalla Federazione calcistica dell'Uruguay, di entità minore; nel marzo del 1938 fu acquistato dal club semi-professionista del Wanderers, che lo fece così debuttare in Primera División Uruguaya.[6] Con la società di Montevideo rimase fino al 1943, anno in cui fu ceduto al Peñarol.[6] Con la nuova maglia esordì il 17 aprile contro il Sud América, e vinse 4-0 .[6] Rimase poi fortemente legato alla società giallo-nera, di cui divenne capitano,[3] e con cui giocò sino al 19 giugno 1955, giorno della sua ultima partita contro l'America Football Club a Rio de Janeiro.[6] Nel Peñarol contribuì alla vittoria di sei titoli nazionali.[3]
Varela fece il suo esordio con la maglia della selezione uruguaiana il 29 gennaio 1939,[2] nell'incontro con il Cile, valevole per il Campeonato Sudamericano de Football 1939, subentrando al 46º minuto ad Abdón Reyes.[7] Nella competizione giocò poi un'altra partita, il 5 febbraio contro il Paraguay, ancora una volta da sostituto (entrò per Galvalisi al 67º).[7] Nel 1941 diventò capitano della Nazionale, e nel Campeonato Sudamericano de Football 1942 fu stabilmente titolare, andando anche a segno, il 10 gennaio contro il Cile, e vincendo il trofeo.[8]
Fu convocato per il campionato del mondo 1950 dal CT López Fontana, e svolse un ruolo molto importante nella vittoria del torneo. Prima della finale al Maracanà spronò i compagni a non lasciarsi intimorire dall'ostico pubblico locale e dalla fama degli avversari con una frase divenuta poi celebre: "¡Los de afuera son de palo! (Quelli là fuori non esistono)".[9] Subìto il gol dello svantaggio di Friaça, fu ancora determinante ai fini del risultato, prendendo il pallone e mettendoselo sottobraccio, ritardando così notevolmente la ripresa del gioco.[10] Perse ulteriormente tempo protestando con l'arbitro per un possibile fuorigioco.[11] Con quel gesto il capitano uruguaiano riuscì così a raffreddare gli animi e spegnere l’entusiasmo incontenibile dei brasiliani, dando così il primo impulso alla reazione dei compagni che riuscirono a ribaltare il risultato e a laurearsi campioni del mondo, in quella storica impresa che è ricordata come il Maracanazo. Disputò anche i mondiali del 1954 ed era assente per squalifica nella semifinale persa dall'Uruguay contro la grande Ungheria, rimanendo pertanto imbattuto in incontri validi per la Coppa Rimet[3] (ma secondo Gianni Brera, in Storia Critica del Calcio Italiano, Varela non partecipò perché infortunato).
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