Enrico Francesco Pio Canfari (Genova, 16 aprile1877[2] – Monte San Michele, 22 ottobre1915[3]) è stato un calciatore, dirigente sportivo e arbitro di calcioitaliano.
Insieme al fratello Eugenio fu tra i fondatori e maggiori artefici dei primi tre lustri d'attività dello Sport-Club Juventus, società calcistica che diverrà la più titolata d'Italia nonché una delle più vittoriose al mondo[4][5].
Enrico Canfari
Canfari nel 1915, poco prima di arruolarsi per la prima guerra mondiale.
«L'anima juventina è un complesso modo di sentire, un impasto di sentimenti, di educazione, di bohémien, di allegria e di affetto, di fede alla nostra volontà di esistere e continuamente migliorare.»
Canfari era il proprietario, insieme al fratello Eugenio, di un'officina meccanica a Torino, in Corso Re Umberto 42, e frequentava nel tempo libero un gruppo di studenti del vicino Liceo Classico Massimo D'Azeglio quando, nel 1897, insieme al fratello e a quel gruppo di studenti fondò la Juventus.[6] Era soprannominato Papaloto dai soci perché, essendo il più anziano del gruppo, veniva visto da tutti come un fratello maggiore.[7]
Si cimentò anche come giocatore, sempre nella squadra torinese, nei campionati del 1900 e del 1901, prima di divenire a tutti gli effetti il secondo presidente del club, succedendo al fratello Eugenio il quale aveva occupato il ruolo a partire dalla fondazione della Vecchia Signora.
Nonostante i suoi trascorsi bianconeri, nel 1903 si trasferì in Lombardia dove fu tesserato dal Milan, squadra con la quale fu eliminato nella semifinale del campionato del 1904 proprio dalla Juventus.
In seguito fu arbitro, guardalinee e, fino al 1915, presidente dell'Associazione Italiana Arbitri[8].
Capitano del 112º Reggimento fanteria "Piacenza", morì nel 1915 durante la terza battaglia dell'Isonzo, presso Monte San Michele, nel corso della prima guerra mondiale. Dopo la morte, a lui e alle sue testimonianze, pubblicate inizialmente nel periodico istituzionale bianconero e poi raccolte in un libro,[9] si attingerà in gran parte per la ricostruzione del primo quindicennio di storia juventina.
Stessa sorte sarebbe toccata a un altro dei fondatori del club torinese, Luigi Forlano, capitano del XLVII battaglione bersaglieri, vincitore del campionato 1905, che nel corso di un'azione all'attacco delle posizioni nemiche fra Nova Vas e quota 208 sud risultò tra i dispersi il 14 settembre 1916.[10]
Frammento del documento autografo di Enrico Canfari (incontrato nel 1914 nella Città di Torino), pubblicato dalla rivista istituzionale della società torinese Hurrà Juventus il 26 dicembre 1915.
(EN) Old Lady sits pretty, in Union des Associations Européennes de Football, 26 giugno 2003. URL consultato l'11 agosto 2009.
(EN) Juventus building bridges in Serie B, in Fédération Internationale de Football Association, 20 novembre 2006. URL consultato il 26 settembre 2008 (archiviato dall'url originale il 23 febbraio 2015).
Enrico Canfari, Storia del Foot-Ball Club Juventus di Torino, Torino, Tipografia Artale, 1915.
Daniele Nardi e Dario Ricci, La migliore gioventù. Vita, trincee e morte degli sportivi italiani nella Grande Guerra, Formigine, Infinito, 2015, ISBN978-88-6861-062-3.
Renato Tavella, Il romanzo della grande Juventus, Roma, Newton & Compton, 2014, ISBN978-88-541-6598-4.
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