Julio Velasco (La Plata, 9 febbraio 1952) è un dirigente sportivo e allenatore di pallavolo argentino naturalizzato italiano, direttore tecnico del settore giovanile della FIPAV.
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Julio Velasco | ||
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Nazionalità | ![]() ![]() | |
Pallavolo ![]() | ||
Ruolo | Allenatore | |
Termine carriera | 2019 - allenatore | |
Carriera | ||
Carriera da allenatore | ||
1979-1982 | ![]() | |
1981-1983 | ![]() | Vice |
1983-1985 | ![]() | |
1985-1989 | ![]() | |
1989-1996 | ![]() | |
1997-1998 | ![]() | |
2001-2003 | ![]() | |
2003-2004 | ![]() | |
2004-2006 | ![]() | |
2006-2008 | ![]() | |
2008-2011 | ![]() | |
2011-2014 | ![]() | |
2014-2018 | ![]() | |
2018-2019 | ![]() | |
Palmarès | ||
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Argento | Atlanta 1996 | |
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Oro | Brasile 1990 | |
Oro | Grecia 1994 | |
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Oro | Svezia 1989 | |
Oro | Finlandia 1993 | |
Oro | Grecia 1995 | |
Argento | Germania 1991 | |
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Oro | Giappone 1990 | |
Oro | Italia 1991 | |
Oro | Italia 1992 | |
Oro | Italia 1994 | |
Oro | Brasile 1995 | |
Argento | Olanda 1996 | |
Bronzo | Brasile 1993 | |
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Oro | Giappone 1993 | |
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Oro | Giappone 1994 | |
Argento | Giappone 1990 | |
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Oro | Giappone 1996 | |
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Oro | Iran 2011 | |
Oro | Dubai 2013 | |
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Oro | Mar del Plata 2013 | |
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Oro | Toronto 2015 | |
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Ha legato la sua fama dapprima ai successi con la Panini, con cui ha inanellato quattro campionati italiani consecutivi dal 1986 al 1989[1], e poi ancor più alla nazionale italiana di pallavolo maschile, di cui è stato commissario tecnico dal 1989 al 1996: sotto la sua gestione gli Azzurri, fin lì ai margini del volley mondiale, nel corso degli anni 1990 del XX secolo si affermarono tra le nazionali più forti di tutti i tempi[2], in quella che è passata alla storia come l'epopea della generazione di fenomeni.
Nato da padre peruviano, agronomo, e madre argentina di origine inglese, professoressa d'inglese, cresce assieme ai due fratelli, uno maggiore di un anno e l'altro minore di cinque, in una famiglia evangelica metodista. Il padre, che aveva lasciato il Perù per studiare all'Università Nazionale di La Plata, dove lavorava nella radio studentesca, si separa dalla madre e muore nel suo Paese natale per una pancreatite curata male quando Velasco ha 6 anni[3][4][5][6][7].
Iscrittosi alla facoltà di filosofia dell'università platense, con l'intenzione di diventare un professore di liceo, lascia gli studi a sei esami dalla laurea per trasferirsi a Buenos Aires, dove a detta sua «era più facile passare inosservati»: in Argentina quelli era infatti gli anni (1976-1983) della dittatura militare, della repressione e dei desaparecidos. Velasco, presidente del comitato studentesco della sua facoltà e militante comunista, avendo visto "scomparire" alcuni suoi amici nonché suo fratello minore, di cui non ha notizie per due mesi, lascia l'università e si dedica al lavoro di agente immobiliare e di insegnante nei corsi per adulti nella capitale argentina[8][3][9][10][11][7][12].
I primi contatti di Velasco con la pallavolo avvengono ai tempi del liceo e dell'università, quando gioca e allena selezioni giovanili, ma la sua carriera vera e propria inizia nel Ferro Carril Oeste di Buenos Aires, dove vince quattro campionati argentini consecutivi tra il 1979 e il 1982. In quello stesso anno, come vice della nazionale argentina, partecipa alla vittoria della medaglia di bronzo ai campionati mondiali, giocati in casa.
Nel 1983, scoperto da Giuseppe Cormio, giovane direttore sportivo, si trasferisce in Italia per allenare la Latte Tre Valli di Jesi, neopromossa in Serie A2[13], guidato dal vice coach Alberto Santoni e dal presidente Sandrino Casoni[14]. Nella stagione 1983-84 la matricola marchigiana termina al secondo posto una stagione a tratti disputata da capolista, sfiorando la promozione in Serie A1.
Nel 1985, dall'abitazione jesina situata in zona Pianello Vallesina, passa alla blasonata Panini di Modena dove incontra, ancora giovani, alcuni dei giocatori che segneranno la storia del volley italiano e mondiale nel decennio seguente: Luca Cantagalli, Lorenzo Bernardi e Andrea Lucchetta, cui si aggiungerà l'anno successivo Fabio Vullo; insieme al più esperto Franco Bertoli, formeranno l'ossatura di una squadra capace di riportare lo scudetto a Modena e di difenderlo per quattro stagioni consecutive, fino al 1989, oltreché di raggiungere per tre volte consecutive la finale di Coppa dei Campioni.
Dopo quattordici anni dedicati alle nazionali, nel 2003 rientra nel campionato italiano, trascinando il Piacenza alla finale scudetto, persa contro il Treviso. Nel 2004 torna a Modena dopo quindici anni. Dopo due stagioni con risultati altalenanti, nel 2006 passa alla Gabeca dove, nella stagione 2007-08, raggiunge i play-off scudetto, traguardo che alla società di Montichiari mancava da cinque stagioni.
Nell'annata 2018-19 torna ad allenare a Modena per la terza volta in carriera, conquistando la Supercoppa italiana nella finale contro il Trentino. Al termine della stagione, decide di mettere fine alla propria carriera da allenatore[15].
Nel 1989 passa ad allenare la nazionale maschile italiana. Ottiene subito l'oro ai Campionati europei, disputati in Svezia, il primo nella storia della pallavolo italiana. È solo il primo di una lunga striscia di successi. Fino al 1996, quando Velasco lascia la panchina azzurra, l'Italia colleziona 3 ori europei, 2 mondiali e 5 vittorie nella World League, oltre ad altri trofei minori.
Artefici in campo di questi successi sono tra gli altri Andrea Zorzi, Andrea Giani, Paolo Tofoli, Pasquale Gravina, Marco Bracci, Andrea Gardini, oltre ai già citati Bernardi, Cantagalli e Lucchetta: questo straordinario gruppo di giocatori forma la cosiddetta generazione di fenomeni, e la nazionale italiana di quegli anni verrà in seguito premiata dalla FIVB come Squadra del secolo. Il talento dei giocatori che ha a disposizione non mette però in secondo piano la figura dell'allenatore, tanto che in quel periodo Velasco diviene noto anche al di fuori del mondo della pallavolo; celebri alcune sue espressioni, come gli ”occhi della tigre”, per indicare lo sguardo grintoso che pretende dai suoi giocatori in campo. Solo un traguardo resta irraggiungibile per quella formazione: l'alloro olimpico.
Nel biennio 1997-98 Velasco allena la nazionale femminile italiana[16]. Nei due anni alla guida della selezione femminile, conduce le Azzurre a un quinto posto agli Europei del 1997, deludente rispetto alle ambizioni iniziali[17], per poi lasciare la panchina al suo vice Angelo Frigoni, già suo secondo ai tempi della nazionale maschile. In questa fase, inoltre, da una sua idea prende vita il Club Italia, una squadra formata dalle giovani più promettenti selezionate dalla Federazione, per permettere loro di allenarsi tutto l'anno senza lo stress legato alle competizioni con le proprie società[18]; nel Club Italia militeranno tra le altre Elisa Togut, Eleonora Lo Bianco, Anna Vania Mello e Simona Rinieri, l'ossatura della nazionale femminile campione del mondo nel 2002 in Germania.
Nel 2001 torna ad allenare una nazionale maschile, quella ceca, senza però ottenere grandi risultati. Bisogna attendere il 2008 per un nuovo ciclo di esperienze con le squadre nazionali: dopo una parentesi con la nazionale maschile spagnola, presa in mano da campione europea in carica (aveva vinto l'Europeo in Russia nel 2007 con in panchina Andrea Anastasi), accetta la sfida di allenare la nazionale maschile iraniana e riesce nell'impresa di vincere per la prima volta nella storia della nazionale persiana il Campionato asiatico nel 2011 disputatosi in casa a Teheran per poi ripetersi nell'edizione successiva di Dubai nel 2013. Nella prima partecipazione alla World League nel 2013 ottiene discreti risultati tra cui una vittoria in Italia contro i "suoi" Azzurri.
Nel febbraio 2014 viene scelto come commissario tecnico della nazionale del suo paese, la nazionale maschile argentina, ruolo che non aveva mai ricoperto nella sua lunga carriera. Esordisce il 16 maggio a Lanús in amichevole contro la Tunisia vincendo per 3-0. Nel luglio 2015, a Toronto, vince la diciassettesima edizione dei Giochi panamericani.
La popolarità di Velasco nel mondo dello sport italiano, in essere fin dai primi anni 1980[19], è stata tale da far sì che venisse chiamato nel 1998 dall'imprenditore Sergio Cragnotti, all'epoca presidente della società calcistica della Lazio, a ricoprire la carica di direttore generale del club[20]. Nel 2000 transita per un breve periodo anche nell'Inter, sotto la presidenza di Massimo Moratti[21], come responsabile dell'area fisico-atletica del club[22].
Nel giugno 2019, dopo aver terminato la carriera da allenatore, viene nominato direttore tecnico del settore giovanile della Federazione Italiana Pallavolo[23].
![]() | Palma d'oro al Merito Tecnico |
— Roma, 19 dicembre 2018[24], |
![]() | Cavaliere di Gran Croce dell'Ordine al merito della Repubblica Italiana |
— 6 giugno 2019, di iniziativa del Presidente della Repubblica |
Altri progetti
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